L’intricata matassa tedesca
L’esito delle elezioni di domenica ha in primo luogo evidenziato che l’unico sondaggio importante in una campagna elettorale è quello che avviene nell’urna elettorale: gli elettori tedeschi, infatti, hanno smentito le previsioni degli istituti demoscopici sorprendendo sia gli esponenti politici tedeschi sia l’opinione pubblica mondiale.
Successivamente allo scioglimento del Bundestag da parte del presidente federale, la CDU/CSU aveva iniziato la propria campagna elettorale con la certezza di conseguire un ottimo risultato e di formare un governo sotto la guida di Angela Merkel ed assieme al partner della FDP. Forti di questa consapevolezza, i conservatori hanno trascorso gran parte del loro tempo e speso gran parte delle loro energie per trattare la composizione del futuro governo (la discussione sul Kompetenzteam e la nomina del discusso professore Paul Kirchhof quale futuro ministro delle finanze), insultare gli esponenti della Linkspartei/PDS ed i relativi elettori e simpatizzanti dei Länder orientali (apostofrati da Stoiber quali “bovini che scelgono da soli il proprio macellaio”) e contrapponendo alle difficili riforme messe in campo dall’esecutivo uscente le proprie soluzioni semplicistiche.
I risultati elettorali della domenica scorsa (solo il 35.2% ha votato per la CDU/CSU, record negativo) indicano in modo chiaro, che gli elettori tedeschi non si sono fatti ammaliare dalle promesse della Union e non hanno condiviso il progetto di riforma dell’assetto economico e sociale tedesco in senso neoliberista. Il risultato conseguito dalla CDU/CSU l’ha, quindi, costretta a ridimensionare le proprie aspettative alla realtà (durante la campagna elettorale Stoiber aveva fissato l’obiettivo del 43%) e non rappresenta minimanente quel plebiscito per la propria linea politica che i conservatori avevano invece auspicato e del cui conseguimento si sentivano ormai certi.
Inoltre, nonostante l’ottimo risultato ottenuto dalla FDP (9.8%), che è dovuto anche e soprattutto al fatto che molti elettori hanno preferito votare i liberali piuttosto che il partito di Angela Merkel, i due partiti che aspiravano a formare una coalizione di governo non hanno i numeri necessari per eleggere un Cancelliere e governare il paese.
La SPD, le cui sorti, dopo lo sfiduciamento chiesto ed ottenuto da parte del Cancelliere uscente, sembravano ormai compromesse, ha invece mantenuto una posizione coerente con quanto fatto e conseguito durante gli ultimi sette anni di governo rosso-verde e, spinta anche da un Gerhard Schröder fortemente determinato a difendere il proprio operato, piano piano è riuscita a risalire la china. Dal 26% indicato dagli istituti demoscopici ad agosto, la SPD è riuscita a conquistare il 34.3% e quindi solo un punto percentuale in meno della Union. I risultati, nonostante il lieve vantaggio della CDU/CSU, evidenziano, quindi, che la Germania non ha voltato le spalle al suo Cancelliere e che la SPD ha superato la sua prova nel paese.
Il messaggio che può essere letto nel risultato elettorale è sicuramente meno confuso rispetto alla situazione che esso ha creato nel percorso che i partiti dovrebbero percorrere nella formazione di una coalizione di governo. Il risultato conseguito dalla SPD, che, come già evidenziato, confrontato con la situazione di partenza è da considerarsi più che soddisfacente, l’ottimo debutto della neonata Linkspartei/PDS (8,7%) ed il mancato plebiscito per Union e FDP sembrano indicare, che i tedeschi sono consapevoli della necessità di riforme ma non disposti a mettere a repentaglio la pace sociale nel paese.
Gli effetti del risultato sulla formazione del prossimo governo sono, invece, ancora incerti. Gerhard Schröder esclude, per ora, la formazione di una Grosse Koalition e rifiuta categoricamente qualsiasi forma di collaborazione con la Linkspartei/PDS. Resterebbero, quindi, le ipotesi di una coalizione “semaforo” (rosso-giallo-verde) tra SPD, Verdi e FDP, oppure la cosiddetta coalizione “Jamaica” (dai colori della bandiera jamaicana, nero-giallo-verde). Entrambe le ipotesi presentano notevoli difficoltà: la prima trova, per ora, un ostacolo nel rifiuto dei liberali a formare una coalizione con un partito che non sia la CDU/CSU; la seconda, invece, costringerebbe i Verdi a rinnegare molte posizioni che fanno parte dell’identità del partito (per esempio sui diritti civili e di cittadinanza o sulle tematiche ambientali).
Nei prossimi giorni si vedrà, se i vari strateghi dei partiti in questione saranno in grado di sbrogliare l’intricata matassa elettorale e politica o se, invece, come previsto dalla Legge Fondamentale tedesca in caso di impossibilità di formare un nuovo governo, gli elettori tedeschi saranno nuovamente chiamati alle urne.